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Un giardino simbolico

E’ noto che molti dipinti del Seicento, raffiguranti nature morte, sono una raccolta di simboli usati in chiave moralizzante.

 

Il simbolismo legato al mondo della botanica ha origini molto antiche. Un complicato codice di metafore, applicato al mondo dei fiori e della frutta, fu elaborato soprattutto nel Rinascimento, ma era già presente nel Medioevo. La Bibbia, i Vangeli apocrifi, le Metamorfosi di Ovidio, la Naturalis Historia di Plinio, il De Rerum Natura di Lucrezio, gli erbari, sono le fonti da cui venivano tratti i diversi simbolismi attribuiti alla frutta e ai fiori. 

 

Indubbi riferimenti metaforici all'Antico e al Nuovo Testamento sono sottesi in un dipinto del 1660-70: si tratta di un “Festone di frutta e fiori” realizzato dall’artista olandese Jan Davidsz de Heem, conservato al Rijskmuseum ad Amsterdam. Quello stesso festone nel quale avevo scorto il piccolo Bucaneve sotto il Convolvolo, quale segno di speranza e di salvezza dentro un intricato insieme di altri simboli. La composizione è perciò un universo di rimandi, dove trovano spazio riferimenti al bene e al male, al paradiso e all'inferno, alla Vergine e al Bambino, alla Passione di Gesù.

 

Jan Davidsz de Heem, Festone di frutta e fiori, olio su tela, 1660-1670, Rijskmuseum, Amsterdam
Jan Davidsz de Heem, Festone di frutta e fiori, olio su tela, 1660-1670, Rijskmuseum, Amsterdam

Il perno allegorico della composizione è costituito da un grande frutto di melograno posto al centro del dipinto. Il melograno è un frutto cui sono stati attribuiti diversi significati: nel dipinto si presenta rotto e aperto, è un richiamo alla sofferenza, al sacrificio di Cristo, ma contemporaneamente è anche il frutto della Terra promessa.

Sopra il melograno, due fiori: un candido Ibisco e una Rosa alludono alla figura delle Vergine immacolata, cui si uniscono le pesche, simboleggianti la Trinità. La pesca è anche il “frutto della salvezza”, metafora di Cristo.

Il Festone è sostenuto in alto da un fiocco di tessuto color azzurro, annodato attorno ad un anello: la tinta del nastro rimanda al colore del manto della Vergine. L'anello è emblema dell'Eterno, un significato suggellato anche dall'edera dipinta sulla sinistra.

Ai lati del fiocco un ramo di ciliegio simboleggia il paradiso. A ben vedere, sulla lucida superficie dei succosi frutti, si rispecchia la luce di una finestra: è un interno con figure quello che si intravede, forse l'artista stesso nello suo studio. 

A destra, il rovo con le more, sono un richiamo alla Passione. 

In uno spazio a noi più prossimo, al lato della nicchia nel quale si inserisce il festone, si vede un tafano, l'insetto cui fa riferimento Socrate nell'Apologia scritta da Platone. Il richiamo a Socrate deriva dal fatto che questi si autodefinì "tafano che punzecchia la vecchia cavalla": un destabilizzatore il cui fine fu quello di aprire la porta alla conoscenza, portando luce là dove la presunzione del sapere l'aveva chiusa. 

La storia di Socrate trova in questo contesto un parallelismo con quella di Cristo, come questi fu vittima del discredito, cui seguì la condanna a morte.

Un grappolo d'uva posto accanto alla melagrana, simboleggia l'Eucaristia. La pera e il fico sono allusioni al peccato originale e simboli di un'umanità discendente da Eva. 

Più in basso, nelle tenebre, un coleottero simboleggia il male.  Fiori di pioppo penzolanti sul fondo della composizione potrebbero essere un'allusione alla condizione dei dannati posti sul confine con il regno degli inferi. Ci sono nespole che ricordano dei teschi e verosimilmente dei peperoni rossi rinsecchiti. Questi ultimi dipinti come "lingue di fuoco" ricordano le fiamme dell'inferno. 

Una spiga di grano simboleggiante l'Eucaristia, è anche l’emblema della rinascita, della primavera, della natura che vince il buio, segna nel dipinto il confine con l'inferno.

In basso un Macaone, dispiega le ali. Un volo che richiama l'ascesa dei beati dopo la morte. Ma è anche un percorso di elevazione spirituale quello che deve intraprendere. E' un tracciato di sofferenze quello che separa la vita materiale da quella spirituale.

Il Macaone volge verso il debole biancore del fiore di un limone, un faro che anticipa e illumina la strada verso la salvezza, di cui il limone stesso è metafora, accanto alla zucca, simbolo di rinascita.

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